Pompeo Colajanni, ANTIFASCISMO E RESISTENZA. Come il popolo divenne esercito
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«Lo scritto è una testimonianza resa, è da credersi sotto dettatura, da Pompeo Colajanni, da tempo un anziano ed elegante signore, effusivo e molto gioviale (per tutti i comunisti lo “zio Pompeo”), dirigente ormai secondario, per quanto molto onorato e persino venerato, del PCI: un reduce illustre e quasi solitario della Resistenza armata in una terra, la Sicilia, il cui apporto alla Resistenza armata e allo stesso antifascismo era molto sottovalutato, considerato soltanto “esterno”, casuale e marginale nel contesto nazionale […].
«Assume adesso il carattere di inedito, sottratto, oltre che all’oblio, ad una probabile lettura di parte, ovvero, se si preferisce, quello di una novità editoriale, perché nuovo è davvero anche lo spirito che anima oggi l’interpretazione della Resistenza, e soprattutto della guerra di Liberazione, e che guida sia gli storici che i nuovi “partigiani” dell’ANPI» [dalla prefazione di Giuseppe Carlo Marino].
Pompeo Colajanni (Caltanissetta, 4 gennaio 1906 – Palermo, 8 dicembre 1987). Già negli anni Venti, giovane comunista, si adoperò per la costituzione di un fronte unitario antifascista, il FUAI, del quale facevano parte giovani repubblicani, socialisti, anarchici e comunisti. Con il nome di battaglia “Barbato” fu comandante della VIII Zona (Monferrato) e vicecomandante del Comando militare regionale piemontese; divenne presto leggendario per le imprese delle formazioni al suo comando, fra cui la liberazione di Torino, coordinando le formazioni Garibaldi, GL, Matteotti e Autonome.
È stato sottosegretario alla Difesa nel governo Parri e nel primo governo De Gasperi. Parlamentare all’Assemblea regionale siciliana e alla Camera dei deputati, membro del Comitato centrale del PCI, consigliere nazionale dell’ANPI.