Povero intellettuale screditato e inascoltato
di Salvatore Ferlita, la Repubblica Palermo, 28 aprile 2024
È uno dei pochi, Gianfranco Perriera, che può dare del tu ai filosofi. Insegna nelle scuole (ma quanti docenti, oggi, esacerbano la distanza già siderale tra gli studenti e questa disciplina) e, soprattutto, legge i testi, li interroga senza mai stancarsi. E il suo nuovo pamphlet, Figure dell’intellettuale. La passione del pensare in tempi scompigliati (Istituto Poligrafico Europeo), lo dimostra in pieno, dal momento che è il risultato di una lunga frequentazione dei grandi pensatori del Novecento (anche quelli più ostici), ma non solo.
Perché queste pagine che Perriera dedica alla figura irrinunciabile e controversa dell’intellettuale («colui che si è dedicato al sapere e al comprendere», «che alla ragione si è affidato per decifrare, analizzare, decostruire e ricostruire il senso dell’esistere») torreggiano per acutezza e, soprattutto, per la capacità che l’autore dimostra di far dialogare tra loro filosofi anche distanti per formazione e sensibilità, condotti su un terreno comune, quello dell’antagonismo con la propria epoca.
Perriera sa bene che i nostri sono tempi “scompigliati” appunto, dominati dal caos, dalla confusione, sopraffatti dalla chiacchiera e dalla dittatura delle immagini: tempi grami per l’intellettuale. Il quale si sente, di conseguenza, sempre più spaesato e incongruo: «a metà tra un borioso trombone, lieto della torre d’avorio che lo separa e lo rende avulso dalla vera vita da una parte, e un insulso travet della delucidazione che si strema nel collegare significati che non tengono mai alla prova della realtà, dall’altra».
Certo, è passato da un bel po’ il frangente in cui l’intellettuale era legislatore, ma sembra pure lontanissimo quello che lo vedeva agire come interprete. Diventa sempre più difficile farsi ascoltare: del resto, chi vuole prestare orecchio all’annuncio delle disgrazie imminenti? Sempre più screditato e anacronistico, l’intellettuale rischia di fare la fine dell’imbonitore da fiera, del portavoce della prepotenza tecnologica. Si ritrova inutile, «rattrappito nella vergogna»: ci vuol poco ad abdicare, a scoprirsi più fragile della cultura che egli rappresenta. Ma pur rimanendo il «trascurato», il «fuori luogo», sempre più relegato in un angolo, l’intellettuale deve lottare per rendere la vita meno banale e meno brutale, non facendoci precipitare nella spirale della violenza.