La Pantera di Palermo una rivolta col sorriso che si perse per strada
di Marcello Benfante – la Repubblica Palermo, 20 marzo 2022
A un certo punto della nostra storia, la città del Gattopardo si mutò, in un attimo e per un attimo, nella città della pantera.
L’attimo della pantera scoccò nel dicembre del 1989, l’anno fatidico della caduta del muro di Berlino, ma anche quello delle proteste di Piazza Tienanmen e della nascita dell’odierno web, l’anno terribile della morte di Sciascia, e si protrasse fino al gennaio del 1990, sviluppandosi velocemente da Palermo in tutta Italia con una serie di occupazioni di facoltà e scuole e di grandi cortei pacifici che diedero una scossa, breve ma intensa, a un paese ancora sospeso tra il vecchio e il nuovo.
La scintilla, come tante altre volte, si sprigionò a Palermo, quasi come una replica in miniatura del 1848. Il 5 dicembre, alla facoltà di Lettere e Filosofia un’affollata assemblea dichiarava l’occupazione a tempo indeterminato. Una certa politica e una certa stampa di orientamento conservatore non colsero la novità del movimento studentesco (e non solo), assimilandolo ad altri fenomeni di contestazione giovanile come quelli del ’68 e del ’77 e bollandolo di “veteromarxismo”. A Palermo, Orlando e la sua giunta, si schierarono invece con il Movimento, con le sue ragioni e potenzialità, identificate con il tentativo di liberare la città dalla cappa mafiosa che la opprimeva, e criticando aspramente la gestione clientelare dell’ateneo. Per Orlando la Pantera rientrava quindi nel clima di emancipazione e di affrancamento instaurato della sua Primavera.
La parola d’ordine di questo tumultuoso “vento del Sud” era una semplice e perentoria negazione: “L’Università non è un’azienda”.
Correva l’anno 1990
“La Pantera” di Pietro Maltese. Istituto Poligrafico Europeo. 315 pagine. 16 euro.
Per Pietro Maltese, ricercatore in Pedagogia generale e sociale all’Università di Palermo e autore del saggio “La Pantera”, il movimento universitario della Pantera fu la prima forma di protesta organizzata contro il progetto dell’allora ministro dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica Antonio Ruperti, la cui riforma era intesa come il punto d’abbrivio del processo di trasformazione in chiave neoliberale del sistema italiano di istruzione terziaria.
Mentre il Giornale di Sicilia stroncava il velleitarismo ideologico e anacronistico della Pantera, il quotidiano L’Ora dedicò subito ampio spazio al Movimento, mettendo a disposizione delle sue iniziative un’intera pagina settimanale a cura della redazione (seguito a ruota da un’analoga decisione del periodico Avvenimenti).
Buona parte delle cronache e dei commenti, tanto quelli favorevoli che quelli ostili, era dominata da un certo atteggiamento pittoresco, non privo di simpatia e talora con acutezza di osservazione: gli studenti vi apparivano sereni, nient’affatto rabbiosi, piacevolmente allegri, come li descrisse Gian Mauro Costa su L’Ora del 16 dicembre 1989. Ma anche, agli occhi di molti, privi di senso tattico, di concretezza politica, di realismo e chiarezza. La loro sembrava un’insolita “Rivolta senza urla”, come scrisse Mauro Merosi sempre su L’Ora del 14 dicembre 1989. La Pantera, insomma, non strillava, non graffiava, non mordeva. Però si muoveva in fretta, con balzi felini. E da Palermo questi balzi erano giunti alle Facoltà di tutta Italia, dando vita a un grande (ma confuso ed eterogeneo) movimento nazionale. I limiti organizzativi e prospettici del movimento, nonostante la produzione di alcuni significativi documenti e di alcune esemplari manifestazioni, ne determinarono quella che è stata definita una “grande sfortuna postuma”. Come scrive Pietro Maltese, la Pantera è stata «ignorata oppure descritta nei termini di un’effimera fiammata» o ancora accusata di essere «un movimento conservatore, abbarbicato a uno statalismo fuori tempo massimo». Tuttavia è innegabile che l’analisi a cui pervenne il movimento aveva il pregio di una lungimiranza quasi profetica, nonché una forte capacità di incidere, se non sui reali rapporti di forza politici, sull’immaginario e sulla cultura del nuovo tempo che allora si schiudeva.
Vent’anni anni dopo, una vera pantera fu scorta nei dintorni di Palermo e fu mobilitata la forza pubblica per ridurla in cattività. Né poi fu mai chiaro se si trattasse di un animale in fuga da un circo o di un’allucinazione collettiva. Era forse un mito marxiano che tornava ad aggirarsi, giocosamente libero.
La Pantera. Il primo movimento contro l’università neoliberale / di Pietro Maltese